Giugno è il mese del Pride, ovvero il mese dedicato alla celebrazione dei diritti della comunità LGBTQ+ e della cultura queer. Ma qualcuno potrebbe chiedersi: perché proprio giugno? Come mai serve un mese di celebrazioni? Ci sono dei dati che raccontino l’evoluzione e la storia di questa manifestazione?
Per rispondere alla prima domanda bisogna tornare al 28 giugno del 1969 quando la polizia fece irruzione allo Stonewall Inn, un popolare gay bar di New York. La polizia era solita fare delle incursioni ma proprio quella sera, la clientela del bar decise di reagire e opporsi ai poliziotti, dando così inizio alle Rivolte di Stonewall, una lotta per l’uguaglianza e il riconoscimento della dignità di una comunità fino ad allora marginalizzata. L’anno dopo fu istituita a New York la prima marcia come anniversario di questi moti.
La risposta alla seconda domanda è semplice: è importante festeggiare questo mese perché tutt’oggi, cinquant’anni dopo i moti di Stonewall, la comunità LGBTQ+ non gode ancora del pieno riconoscimento dei propri diritti. Basti pensare che le giurisdizioni di 66 Paesi considerano un reato le relazioni fra persone dello stesso sesso, mentre 12 Paesi prevedono la pena di morte per coloro che le praticano. Ma non solo: senza andare tanto lontano, in Italia non sono ancora previsti dalla legislazione italiana il matrimonio egualitario e le adozioni per coppie dello stesso sesso.
La legalizzazione dell’omosessualità nel mondo
Nella cartina è possibile vedere che la quasi totalità dei Paesi in cui l’omosessualità è considerata illegale si concentrano nel continente africano e nel Medio Oriente. Opposta è la situazione invece in Europa e nel Nord America dove in tutti i Paesi essa è stata legalizzata.
Se si guarda però al trend temporale, il risultato è comunque incoraggiante in quanto è possibile osservare come il numero di Paesi in cui l’omosessualità è legale è in continua crescita. Nel 2019 si è raggiunta la quota di 133 Paesi in cui l’omosessualità non è più considerata punibile né tantomeno perseguibile.
Le politiche nazionali a sostegno della comunità LGBTQ+
Se è vero che la legalità ed il riconoscimento di ogni forma d’amore è indiscutibilmente un importante passo, è anche vero che non garantisce di per sé la piena parità di diritti per cui si batte il Pride. Prendendo in considerazione le politiche a favore e contro la comunità LGBTQ+ il ricercatore Kristopher Velasco (2020) ha costruito un indicatore in grado di fornire un quadro complessivo sulla tutela di questa comunità all’interno dei singoli Paesi.
Come si evince dal grafico riportato, l’Italia dall’inizio degli anni ’90 ha perso molte posizioni in termini di politiche attuate dallo Stato per tutelare tutte quelle persone che non rientrato all’interno della definizione di etero-cis (ovvero persone eterosessuali per le quali l’identità di genere corrisponde al proprio sesso biologico). Se infatti sul finire del secolo scorso risultavamo avere delle politiche addirittura superiori alla media europea e statunitense, nei decenni a venire non siamo stati in grado di rimanere al passo con gli altri Stati. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che nel frattempo gli altri Paesi hanno fatto importanti passi avanti nella tutela della comunità LGBTQ+, riconoscendo per esempio i matrimoni fra persone dello stesso sesso (in Spagna già nel 2005) mentre in Italia le unioni civili sono state approvate solo nel 2016.
L’accettazione delle persone queer nel contesto sociale
Andando a vedere invece il grado di accettazione della comunità LGBTQ+ da parte della popolazione è possibile osservare come in quasi tutto il continente africano ed in quello asiatico ci siano ancora notevoli passi in avanti da fare. Uno scarso livello di accettazione significa che le persone queer non sono percepite come una parte integrante e positiva della società, con conseguenti ripercussioni in termini di discriminazioni e violenze perpetuate nei loro confronti. L’Italia da questo punto di vista sembra essere decisamente più accogliente della maggior parte dei Paesi del mondo, classificandosi come 27esima per accettazione della comunità LGBTQ+, nonostante si posizioni dietro agli altri grandi Paesi europei come Francia, Germania e Spagna.
Perché è importante celebrare il Pride?
La conclusione che possiamo trarre è che quindi qualche passo in avanti nell’accettazione delle diversità in termini di amore ed identità di genere sta avvenendo nel tempo. Quello che però non bisogna dimenticare è che in diverse realtà del mondo oggigiorno le persone vengono ancora discriminate e sono vittime di violenze e oppressione solo per il semplice fatto di esistere. Per cui sì, celebrare il Pride è più che mai importante per supportare la causa, affinché tutti possano vivere un’esistenza libera e nel pieno rispetto della propria identità. Perché ricordiamo: il Pride è di tutti.
Di seguito vi lasciamo alcune fonti per approfondire l’argomento:
Williams Institute
Our World in Data
BBC
People
Library of Congress
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